12 ottobre 2009
I “rischi“ delle malattie professionali: parte 2
Eccoci alla seconda parte di questo post dove stiamo analizzando il tema delle gestione del rischio delle Malattie professionali in chiave di Risk Management.
A conferma di quanto attuale sia il tema che stiamo qui trattando, venerdì scorso ho partecipato a Pordenone ad un convegno organizzato da Unindustria sulle modifiche al Testo Unico apportate dal D.Lgs. 106/09. Tra i relatori un avvocato ed un magistrato della Procura di Milano che, guarda caso, hanno fatto riferimento al tema delle malattie professionali e poi anche alle condizioni delle polizze di Responsabilità Civile con le quali è sempre più difficile (se non quasi impossibile), gestire questo rischio.
Vediamo perché procedendo allora con un’analisi critica della prima parte della garanzia assicurativa che ho richiamato nel post precedente a questo.
Innanzitutto si legge che l’assicurazione opera per le malattie professionali “tassativamente indicate nell’elencazione delle tabelle, in vigore al momento del contratto“: qui bisognerebbe modificare l’intera frase abrogando in particolare la parola tassativamente e poi sostituire la dicitura “in vigore al momento del contratto“ con “in vigore al momento del sinistro“. Se questo non fosse possibile, l’assicurato dovrà aggiornare costantemente la sua polizza seguendo l’evoluzione tecnico-giuridica delle norme. Mentre è positiva la precisazione che sono riconosciute anche “le malattie professionali purché venga riconosciuta la causa di lavoro da parte della magistratura“.
La garanzia assicurativa, vale però a fronte delle seguenti condizioni:
- che le malattie si manifestino “durante la vigenza della presente polizza“: non c’è quindi un periodo di copertura dopo l’eventuale cessazione della copertura assicurativa. E per quei lavoratori che hanno cessato il loro rapporto di lavoro con l’azienda? Se la malattia si verifica dopo due, tre o più anni da quando il lavoratore ha cessato la sua attività, la polizza esplicherà la sua garanzia?
- che le malattie siano conseguenza di “fatti colposi verificatisi per la prima volta nello stesso periodo“ : e se i fatti che hanno causato la malattia si sono verificati prima della sottoscrizione della polizza? Pare che non sia previsto un periodo retroattivo. Inoltre, nei fatti colposi rientrano anche quelli commessi con colpa grave?
L’analisi critica della clausola assicurativa continua con il prossimo post, ma già qui è possibile porre alcune riflessioni alle quali mi piacerebbe che tu tentassi di rispondere.
- Chi gestisce solitamente le polizze all’interno dell’azienda?
- Come “girano“ le informazioni in azienda su questi temi?
- A chi, solitamente, viene esternalizzato il servizio di gestione delle polizze?
- Quanto informati e formati sono gli intermediari assicurativi sia sulla portata tecnico-normativa dei loro prodotti che sull’evoluzione dei rischi che impattano sulle polizze?
Per intanto e in attesa del prossimo post, buone riflessioni.
Scritto il 27-11-2009 alle ore 23:29
Pregiatissimo Del Pup,
una polizza che abbia anche solo un minimo di prestesa di stare sul mercato dei rischi aziende presentaa quasi certamente la copertura per il discovery period e concede, se richiesta, la copertura per il periodo retroattivo.
Analizzo tutti i giorni contratti assicurativi di primarie aziende trivenete e in un solo caso non ho trovato presente la copertua postuma alla cessazione del contratto o del rapporto di lavoro, sei mesi di base, dodici o diciotto o ventiquattro se richiesti.
La compilazione di un semplice questionario che renda noto all’assicuratore la realtà della dinamica aziendale, permette anche di ottenere la concessione di un periodo di retroattività di 24 – 36 mesi.
Scritto il 28-11-2009 alle ore 00:46
Gentile Borsoi,
la ringrazio per il suo commento.
Come saprà, sul mercato c’è di tutto e ci sono anche le clausole come quella che qui ho commentato.
Il mio post tuttavia, non avrebbe il solo scopo di entrare nella dinamica della clausola assicurativa, bensì quello più ambizioso di spingere ad una riflessione: bisogna prima di tutto conoscere i rischi per poi andarli a trasferire, se necessario, al mercato assicurativo.
Anche l’adozione di “un semplice questionario che renda noto all’assicuratore la realtà della dinamica aziendale“ è a mio avviso assolutamente insufficiente per capire quale sia il rischio aziendale nell’ambito della RC in generale ed è proprio questo l’approccio che deve cambiare.
Opero come risk manager da parecchi anni e dal di dentro dell’azienda e quello che vedo è che i rischi cambiano, quelli sì con una dinamicità incredibile, che difficilmente si riescono anche solo a percepire con l’adozione di un “semplice“ questionario.
Per quanto riguarda, poi, la postuma di alcuni mesi, è ben poca cosa rispetto alla possibilità che per molte malattie, oramai, il termine di richiesta da parte del lavoratore va ben oltre i cinque anni quando non è addirittura illimitato (vedere le più recenti tabelle INAIL a cui ho fatto riferimento).
Quindi, ed è questa la conclusione della terza parte di questo post, se in azienda c’è un rischio di malattia professionale è bene ridurlo o eliminarlo attraverso azioni di miglioramento delle condizioni di lavoro, piuttosto che confidare sulla sola assicurazione che, come abbiamo visto, non consente di ottenere una risposta adeguata alle esigenze di trasferimento del rischio.
Scritto il 28-11-2009 alle ore 16:34
Pregiatissimo Del Pup,
mi sta bene che la Sua relplica, prendendo spunto dal mio intervento ribadisca e ampli altri importanti (e condivisi) concetti, ma il mio intervento non voleva minimamente andare oltre a quanto scritto; ribadisco pertanto che mi è sembrato riduttivo portare a commento un contratto che non preveda ne retroattività ne postuma per la garanzia malattie profesionali, quando per il mercato di riferimento di cui parliamo, questa contrattualistica rappresenta per fortuna oramai solo un brutto ricordo.
Non mi metta però in bocca ulteriori affermazioni, i questionari infatti lo dovrebbe sapere anche Lei non servono per analizzare e valutare i rischi ma per assumerli nella piena consapevolezza del peso contrattuale ecivilistico delle dichiarazioni rese.
Dello stesso tenore il discorso postuma: non mi pare di aver detto che si risolve il problema con 12- 24 mesi (possibili anche 36 o 48), ma solo che esiste la possibilità di disporne.
Piena condivisione sulla Sua conclusione, l’assicurazione teniamola alla fine e scriviamola bene.
Scritto il 2-1-2010 alle ore 19:22
Mi scuserete se in questo periodo ho dovuto trascurare il blog e anche le risposte ai commentatori.
Bene, allora riprendiamo l’attività con il 2010 proprio da questo commento al quale non avevo dato riscontro che vorrei affrontare non come risposta singola, ma come ulteriore approfondimento per tutti.
Il sig. Borsoi (che ringrazio nuovamente) nell’ultimo suo commento scrive che gli “è sembrato riduttivo portare a commento un contratto che non preveda ne retroattività ne postuma per la garanzia malattie profesionali, quando per il mercato di riferimento di cui parliamo, questa contrattualistica rappresenta per fortuna oramai solo un brutto ricordo“.
Tale contrattualistica, tuttavia, è ancora diffusa, e anche se lo fosse in minima parte ritengo corretto parlarne in questo spazio di informazione.
Riguardo al questionario assicurativo così come è impostato oggi, non serve a valutare i rischi e nemmeno ad assumerli, ma solo a cautelare l’assicuratore dietro il paravento delle dichiarazioni rese dall’Assicurato e proprio perché lo so bene, li ritengo uno strumento obsoleto ed inadeguato.
E allora mi chiedo: ma un assicuratore non farebbe meglio ad impostare un questionario per cercare di conoscere la realtà aziendale che deve valutare, piuttosto che accontentarsi di assumere un rischio secondo l’oramai classica trimurti?
Per trimurti intendo la richiesta delle seguenti informazioni:
– attività svolta
– retribuzioni o fatturato
– sinistri degli ultimi tre o cinque anni.
Possono bastare queste informazioni per assumere un rischio? A mio avviso, no!
Per quanto riguarda la postuma, ribadisco che la stessa è ben poca cosa rispetto a rischi importanti di malattie professionali e se questo rischio esiste, allora bisogna fare il possibile per ridurre o eliminare questa evenienza mediante interventi nel campo della sicurezza dei lavoratori (aspetto del quale mi occupo più o meno direttamente).
L’assicurazione, quindi, in molti casi potrebbe anche non esserci e comunque per scriverla bene bisogna aver fatto un buon lavoro proprio in riferimento all’identificazione e valutazione dei rischi, ripetendo il processo (si parla infatti di “processo di risk management“) più volte anche nel corso dell’anno al fine di verificare dove siamo rispetto alla dinamicità aziendale.
Trovo che sia necessario dire queste cose non solo all’imprenditore, ma anche al commercialista o al consulente del lavoro (referenti per le piccole e medie imprese) i quali, spesso, confidano (o forse sarebbe meglio dire si affidano), con troppo ottimismo nei poteri taumaturgici delle assicurazioni.
La discussione è aperta.